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LE EPIDEMIE DI VAIOLO E LA VACCINAZIONE A PADOVA

NEI DOCUMENTI D’ARCHIVIO

 

 

Il vaiolo è una malattia infettiva causata dal virus Variola, debellata a livello mondiale nel 1979, che negli scorsi secoli ha causato la morte di circa il 30% degli infettati, lasciando peraltro il segno a vita sui corpi dei malati che avevano superato la malattia.

Si tratta di una patologia infettiva acuta, contagiosa ed epidemica, di natura virale, caratterizzata da un tipico esantema vescicolopustoloso. Può colpire, oltre l’uomo, diversi animali, nei quali, a seconda della specie, riveste carattere ora minaccioso, ora mite. Il vaiolo umano e quello animale sono provocati da virus distinti ma appartenenti allo stesso gruppo (Poxvirus). Il vaiolo è stato uno dei morbi più devastanti nella storia dell’uomo (in circa 13 secoli ha ucciso più di un miliardo di persone, per lo più bambini in tenera età), ma, grazie agli sforzi compiuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è stato eradicato.

Un nuovo capitolo della lotta al vaio fu rappresentato dalla vaccinazione antivaiolosa messa a punto Edwar Jenner. Ad essa egli giunse in base all’osservazione che le persone guarite di vaiolo bovino, o vaccino (malattia benigna nell’uomo), non ammalavano di vaiolo umano. Avendo da ciò dedotto che il vaiolo vaccino rappresenta una difesa contro quello umano, Jenner decise (1796), dopo venti anni di esperienze, di inoculare in un bambino, previa scarificazione della cute, materiale purulento prelevato da pustole di individui affetti da vaiolo vaccino; un successivo innesto nello stesso soggetto di pus vaioloso umano (atto profilattico già in uso prima di Jenner, ma molto pericoloso) non attecchì. Le intuizioni di Jennerr furono poi confermate dalle ricerche condotte nel campo dell’immunologia.

[Estratto dall’Enciclopedia Treccani] 

 

TESTIMONIANZE DALL’ ARCHIVIO DI STATO DI PADOVA

I PRIMI ESPERIMENTI DI VARIOLIZZAZIONE DURANTE IL DOMINIO VENETO

 

Tentativi di trovare una soluzione alle epidemie di vaiolo, o perlomeno di limitarne la diffusione e le conseguenze cliniche, furono intrapresi ben prima dell’invenzione del vaccino di Jenner. La variolizzazione, procedimento più rischioso della vaccinazione, era un metodo che consisteva nell’inoculare del materiale prelevato da pustole di malati in via di guarigione.

Il proclama del 1769 dei Provveditori alla Sanità di Venezia ne offre diretta testimoninza.

 

ASPd, Sanità, busta n. 379:


LE CAMPAGNE DI VACCINAZIONE DEL XIX SECOLO

 

L’obbligo della vaccinazione, nel rispetto del protocollo di Jenner, fu introdotto all’inizio del XIX secolo in tutte le località dell’allora Regno d’Italia napoleonico. La popolazione, in particolare quella rurale, fu diffusamente poco incline a sottoporsi alla nuova procedura medica: in Archivio di Stato di Padova conserviamo numerose testimonianze, di cui proponiamo una significativa selezionate.

Nel 1807 venne intrapresa una nuova campagna di vaccinazione. La Commissione di Sanità del Dipartimento del Brenta con specifica circolare diramata il 16 gennaio 1808 chiese un rapporto a tutti i medici e operatori sanitari.

 

ASPd, Sanità, b.397

LE TESTIMONIANZE DEI MEDICI

Le relazioni, conservate nel fondo Sanità (busta n.397) furono circa duecento. Quasi tutte esprimevano un giudizio positivo e l’assenza di effetti collaterali, a parte qualche febbricola o l’insorgenza di piccole pustole che sparivano nel giro di poco tempo.

Nelle trascrizioni di brani di questi rapporti di oltre duecento anni fa, due sono gli aspetti che si sono voluti mettere in risalto alcuni casi particolarmente toccanti o curiosi dal punto di vista umano e la ritrosia della popolazione, specie nelle zone rurali, nel sottoporsi alla nuova procedura medica.

 

CASI PARTICOLARI

CASO DI EPIDEMIA

Protocollo n.286.

Camposampiero, li 20 febbraio 1808.

Medico: Storni Giovanni Battista

“Io fui il primo, in queste parti, saranno circa cinque anni, ad introdurre la vaccinazione, nel qual tempo eravamo infetti in questi luoghi, e particolarmente nelle ville di Massanzago, Borgoricco, S.Eufemia e Fossalta, da una epidemia vaiolico-maligna, per cui restò vittima della morte circa la metà degli attaccati. Un centinaio, e più de vaccinati in quel tempo, benché molto critico, ebbero la bella sorte d’andare tutti immuni da tale disgracia, sebbene senza riserva coabbitarono attaccati. Né allora mi riuscì punto di fatica di persuadere li genitori ad sottometere li loro figli alla vaccinazione, che anzi intimoriti dalle triste conseguenze del vajolo naturale, ricercavano essi ansiosamente l’operazione passata acidente in quel tempo degno di rifleso successo agli innestati, se non se que’ piccioli disturbi, che fecero succedere nella legittima vaccinazione. (…) Oltre li sopracritti vaccinati, nell’anno scorso cinquecento e più ne abbiamo vaccinati in queste parti fra me, il figlio dottor Antonio e il nipote dottor Angelo, e tutti con felicissimo successo”.

 

DUE FRATELLI

Protocollo n.195.

Mirano, li 12 febbraio 1808.

Medico: Grossi Francesco

“Elena d’anni tre e mezzo (…) subì il vaccino, e fu in tutti i suoi rapporti l’esito felice.(…) Avevano i coniugi un figlio d’anni sei chiamato Giovanni Battista, cui non vollero assogettare alla mano vaccinatrice, ed a cui sgraziatamente sopraggiunse il vero vajuolo umano. Dormivano entrambi questi due fratellini nello stesso letto, né fu mai possibile, nel mentre che in Giovanni infieriva la vajolosa suppurazione, che a fronte di una sì stretta unione nella piccola vaccinata sorella si manifestassero, né in allora né in dopo il periodo di più mesi, non solo eruzioni vaiolose, ma nemmeno alterazione benché minima nella sua salute. D’esso Giovanni Battista in decima terza giornata restò vittima d’una immatura morte.

 

“BRUSCHI ROVERSI”

Protocollo n.174.

Cittadella, li 11 febbraio 1808.

Medico: Marangoni Francesco

“Mi giova anzi riflettere che i ricorrenti tumoretti dell’anno scorso, denominati dal volgo bruschi roversi, qua e là apparsi in alcuni vaccinati, furono piuttosto un dominio costituzionale che risultanza dell’innesto vaccino, come malamente ne impattavano i semidotti soliti a deciferare con franchezza i misteriosi fenomeni della natura; poiché mi venne fatto di osservare siffatto incomodo senza distinzione di età, sesso ed anche in chi senza equivoci sofferto aveva indietro il vajuolo naturale accompagnato da molti anni della più prospera salute.”

POPOLAZIONE CONTRARIA

Protocollo n.241.

Urbana, 19 febbraio 1808.

Medico: Siciliani Andrea

“Signorie Vostre Illustrissime mi permete, che gli dica, in specialità in la villa di Urbana, per qualunque persuasiva che il suo chirurgo cerca con propria verità di persuaderli, onde poter introdure l’inesto, non è posibile il persuaderli, se dalli superiori comandi non vien con pena obligati”

 

 

Protocollo n.278.

Borgo San Marco di Montagnana, li 24 febbraio 1808.

Medico: Tonelli Gaspare

“Il vajuolo vaccino che a quest’epoca e meritamente ha avuto, ed ha il miglior esito possibile a sollievo dell’umanità, non è qui molto in pratica; in conseguenza non mi fu dato dI osservarne l’andatura. (…) Mi fo dovere di rasegnare a cotesta commissione, protestando con eguale candore che non altro attendo che mezzi e incoraggiamenti onde adoperarsi in una operazione che tanto interessa la preservazione della specie.”

Protocollo n.353.

Casale di Montagnana, li 24 febbraio 1808.

Medico: Donini Angelo

“In tempo della mia pratica chirurgica non ho mai vacinato, atteso che nel momento dell’opportunità del pus il sig. delegato professor Vivianetti non ha potuto vacinare se non che due o tre individui, e che il tempo burascoso ha impedito di potersi trasferire nella comune nelle giornate che erano stabilite, e ciò per la difficoltà anco della popolazione, la quale è ancora contraria alla si benefica operazione”

Protocollo n.381.

Camponogara, li 14 febbraio 1808.

Medico: Crivellari Carlo

“Debbo avvertire che in questa comune ed in altre qui vicine pel passato non si praticò la vaccinazione; ora però viene eseguita da me così commissionato dal Direttor Generale il sig. dottor Sacco.”